Il contratto di mediazione

(*) di Valerio Sangiovanni (Avv. e RA, clicca qui per scaricare il suo cv)

In questo articolo si esaminano i tratti caratteristici della disciplina tedesca del contratto di mediazione, evidenziandone le differenze con tipi contrattuali simili. Ci si sofferma sui doveri delle parti e, in particolare, sull’obbligo di corrispondere la provvigione al mediatore.

Mediatore civile e mediatore commerciale

In diversi contributi apparsi in lingua italiana è stata studiata la disciplina tedesca del «rappresentante» di commercio (per tradurre letteralmente l’espressione germanica di «Handelsvertreter») o «agente» di commercio (per utilizzare una traduzione in lingua italiana maggiormente in linea con la terminologia degli artt. 1742 ss. c.c.)[1]. Anche la figura del distributore (Vertragshändler) nel diritto tedesco è stata oggetto di un lavoro in lingua italiana[2].

Non si rinvengono invece scritti nella nostra lingua che si occupano del «mediatore» (Makler) oppure del «mediatore di commercio» o «mediatore commerciale» (Handelsmakler) nell’ordinamento tedesco. L’obiettivo di questo articolo è quello d’illustrare i tratti caratteristici della disciplina germanica del contratto di mediazione.

Nell’ordinamento tedesco si trovano due discipline del contratto di mediazione, una di carattere generale (mediatore puro e semplice, detto anche «mediatore civile», Zivilmakler), una di carattere speciale (mediatore commerciale).

Il codice civile tedesco disciplina il contratto di mediazione (Maklervertrag) ai §§ 652-656 BGB[3]. Queste disposizioni, a loro volta, dettano – da una parte – una disciplina generale del contratto di mediazione (§§ 652-655 BGB), mentre – dall’altra – disciplinano due figure particolari di mediazione: 1) il contratto di mediazione di finanziamenti (Darlehensvermittlungsvertrag) fra imprenditori e consumatori (§ 655a-655e BGB); 2) il contratto di mediazione matrimoniale (Ehevermittlung; § 656 BGB). Del resto anche nel diritto italiano, nella materia della mediazione (artt. 1754-1765 c.c.), si distingue fra il mediatore puro e semplice e il mediatore professionale (art. 1760 c.c.). Mentre tuttavia, nel nostro ordinamento, le relative disposizioni sono contenute in un unico testo normativo (il codice civile), nel sistema tedesco la materia è distribuita fra codice civile (per quanto riguarda il mediatore civile) e codice di commercio (per quanto riguarda il mediatore commerciale)[4]. Il mediatore civile viene definito nel modo che segue dal codice civile tedesco: chi promette un compenso per l’indicazione della opportunità della conclusione di un contratto o per l’intermediazione di un contratto è obbligato a corrispondere il compenso solo se il contratto viene a esistenza in conseguenza dell’indicazione o dell’intermediazione (§ 652 comma 1 HGB).

Il codice di commercio tedesco definisce nel modo che segue il mediatore commerciale: chi, senza essere incaricato stabilmente sulla base di un rapporto contrattuale, cura professionalmente per altre persone l’intermediazione di contratti aventi a oggetto l’acquisto oppure la vendita di merci o di titoli di credito, le assicurazioni, il trasporto di merci, la locazione di navi o altri beni tipici del commercio, assume i diritti e i doveri di un mediatore commerciale (§ 93 comma 1 HGB). All’intermediazione di negozi diversi da quelli indicati, in particolare all’intermediazione di negozi relativi a beni immobili, non si applicano le disposizioni della sezione sui mediatori di commercio, nemmeno quando l’intermediazione viene effettuata da un mediatore commerciale (§ 93 comma 2 HGB).

Fra la figura del mediatore di commercio e quella del mediatore civile si possono evidenziare alcune differenze. In primo luogo il mediatore commerciale può essere solo un mediatore d’intermediazione (Vermittlungsmakler); il mediatore d’indicazione (Nachweismakler) è invece sempre un mediatore civile. In secondo luogo il mediatore di commercio può intermediare solo contratti aventi a oggetto i beni indicati nel § 93 comma 1 HGB. Se i beni intermediati sono di natura diversa ricorre invece la figura del mediatore civile.

Distinzioni rispetto ad altri tipi contrattuali

Il contratto di mediazione va tenuto distinto da altri tipi contrattuali che presentano affinità con lo stesso e con il quale possono essere confusi.

Segue: a) il contratto di agenzia

Può essere qualificato come mediatore solo chi è incaricato in maniera non stabile d’intermediare contratti. Se, al contrario, vi è incarico stabile, si ha la diversa figura dell’agente di commercio[5]. La definizione di agente è contenuta nel § 84 HGB: è agente di commercio chi è incaricato in maniera stabile e indipendente d’intermediare negozi per un preponente oppure di concluderli in suo nome. È indipendente chi può organizzare la propria attività e determinare i propri orari di lavoro in modo sostanzialmente libero (§ 84 comma 1 HGB)[6]. Diversamente dall’agente, il mediatore agisce sulla base di singoli incarichi. Può, tuttavia, naturalmente verificarsi che lo stesso mediatore operi più volte per conto di uno stesso soggetto. Ciò avviene, in particolare, quando il mediatore possiede una certa specializzazione che lo rende ricercato per la conclusione di determinati tipi di affari. La mediazione di più contratti in favore dello stesso soggetto non è sufficiente in sé a configurare l’elemento della stabilità. Tuttavia il fatto che Tizio intermedi molti affari per un lungo periodo di tempo in favore di Caio può essere interpretato come un indizio che il rapporto va qualificato come agenzia, e non come mediazione. La distinzione non è sempre facile e va operata sulla base di un esame approfondito di tutte le caratteristiche del caso concreto.

Un’altra differenza fra il contratto di mediazione e quello di agenzia riguarda il dovere di svolgere una certa attività. L’agente, diversamente dal mediatore, ha l’obbligo di promuovere la conclusione di contratti[7].

Segue: b) i contratti di mandato, di prestazione di servizio e di prestazione d’opera

Il contratto di mediazione va tenuto distinto dal mandato (Auftrag), tipo contrattuale disciplinato dai §§ 662 ss. BGB[8]. La differenza principale consiste nel fatto che il mediatore ha diritto alla provvigione, mentre il mandatario opera a titolo gratuito. Nel caso del mediatore, la disposizione di riferimento è il § 653 comma 1 BGB, secondo cui il compenso del mediatore si intende come concordato tacitamente quando, alla luce delle circostanze, ci si deve aspettare che la prestazione richiesta al mediatore possa essere prestata solo in cambio di un compenso. Nel mandato, invece, le cose stanno diversamente, come risulta dalla stessa definizione legislativa: con l’accettazione di un mandato il mandatario si obbliga – a titolo gratuito – a porre in essere un certo negozio per il mandante (§ 662 BGB). Anche in materia di rimborso delle spese si possono evidenziare delle differenze fra mandato e mediazione. Il mandatario ha diritto al rimborso delle spese necessarie effettuate per lo svolgimento del mandato (§ 670 BGB), diversamente dal mediatore (ai sensi del § 652 comma 2 alinea 1 BGB, il mediatore ha diritto al rimborso delle spese solo quando vi è stato un accordo in tal senso). Se l’affare non va a buon fine, il mediatore non può pretendere alcunché da chi gli ha conferito l’incarico: non solo non può pretendere la provvigione, ma non può nemmeno chiedere il rimborso delle spese che abbia eventualmente dovuto affrontare (§ 652 comma 2 alinea 2 BGB).

Il contratto di mediazione va poi tenuto distinto dal contratto di prestazione di servizio (Dienstvertrag), tipo contrattuale disciplinato dai §§ 611 ss. BGB. La differenza consiste nel fatto che il mediatore non è obbligato a svolgere alcuna attività, mentre chi si obbliga a prestare un servizio deve prestare il servizio promesso. Se le parti concordano che il mediatore debba svolgere una certa attività, allora ricorre un contratto di prestazione di servizio come mediatore (Maklerdienstvertrag). A queste condizioni il contratto non è più a prestazioni unilaterali (solo chi conferisce l’incarico si impegna a corrispondere la provvigione, mentre il mediatore non è tenuto ad attivarsi), bensì a prestazioni corrispettive (chi conferisce l’incarico si impegna a corrispondere la provvigione, ma anche il mediatore s’impegna a svolgere una certa attività).

Il contratto di mediazione va infine tenuto distinto dal contratto di prestazione di opera (Werkvertrag), tipo contrattuale disciplinato nei §§ 631 ss. BGB. La differenza consiste nel fatto che il mediatore non garantisce il conseguimento dell’obiettivo, mentre il prestatore d’opera si impegna a realizzare il risultato promesso. Quando il mediatore assume l’obbligo di conseguire l’obiettivo, ci si trova dinanzi a un contratto di prestazione di opera come mediatore (Maklerwerkvertrag).

I tratti caratteristici del contratto di mediazione

Quali sono i tratti caratteristici del contratto di mediazione, in particolare di mediazione commerciale, nel diritto tedesco? Qui di seguito ci si soffermerà sull’oggetto del contratto, sui requisiti di forma dello stesso nonché sulla durata del rapporto contrattuale.

Segue: a) l’oggetto

Nel diritto tedesco affinché si abbia mediazione commerciale, bisogna che il contratto riguardi «beni tipici del traffico commerciale» (Gegenstände des Handelsverkehrs).

Il § 93 comma 1 HGB fa degli esempi di tali «beni tipici del traffico commerciale». Si può trattare anzitutto di merci, intendendosi con questa espressione beni mobili, in quando i beni immobili sono espressamente esclusi dal § 93 comma 2 HGB. Può poi trattarsi di titoli di credito. Oggetto dell’intermediazione possono essere anche azioni di società oppure quote di società[9]. Fra i beni del traffico commerciale la legge indica le assicurazioni, il trasporto di merci e la locazione di navi. La disposizione si conclude menzionando la categoria residuale degli «altri beni tipici del traffico commerciale». Ad esempio l’intermediazione può riguardare contratti bancari oppure contratti pubblicitari.

Il compito del mediatore di commercio è la «intermediazione» (Vermittlung) di contratti. Per intermediazione s’intende un’attività finalizzata a determinare la conclusione di un contratto fra altri due soggetti. L’intermediazione è qualcosa di diverso rispetto alla semplice «indicazione» (Nachweis) della possibilità della conclusione di un contratto. Si ha quest’ultima fattispecie quando un soggetto si limita a indicare a una persona che un’altra persona potrebbe essere interessata alla conclusione di un certo contratto. Si ha invece intermediazione quando il mediatore entra in contatto con entrambe le parti e opera affinché il terzo concluda il contratto. Serve un’attività preparatoria alla conclusione del contratto o, almeno, una promozione della conclusione di uno specifico affare. È necessaria un’attività svolta non solo nei confronti di una delle parti, ma di entrambe. In che cosa consiste poi concretamente questa attività d’intermediazione dipende dai singoli casi. Si può trattare, ad esempio, della conduzione di colloqui con entrambe le parti oppure di una vera e propria negoziazione fra le posizioni dei futuri contraenti.

L’opera del mediatore deve essere finalizzata alla conclusione di un contratto. Se l’operazione che ha luogo a seguito del suo intervento è di natura diversa, non gli spetta la provvigione. La questione è stata oggetto di un’ordinanza della Corte di appello di Celle del dicembre 2004[10]. Una banca aveva incaricato un mediatore di trovare un compratore per un immobile che era però oggetto di una procedimento di esecuzione forzata avviato dallo stesso istituto di credito. Una volta compiuta la vendita giudiziaria dell’immobile, il mediatore che aveva messo in contatto venditore e compratore pretese la provvigione. La Corte di appello di Celle afferma che il diritto a provvigione non spetta, in quanto il trasferimento della proprietà dell’immobile non è avvenuto sulla base di un contratto, bensì per atto d’imperio della pubblica autorità. Manca dunque il presupposto della «conclusione del contratto», da cui il § 652 comma 1 BGB fa derivare l’obbligo di pagare il compenso.

L’intermediazione del mediatore di commercio deve essere professionale (gewerbsmäβig). Ricorre questo requisito quando l’attività è finalizzata al regolare conseguimento di guadagni in capo al soggetto che la esercita, anche se non è necessario che si tratti dell’attività principale del mediatore commerciale. Se, invece, la mediazione ha natura occasionale, non trovano applicazione le disposizioni dei §§ 93 ss. HGB, bensì quelle dei §§ 652 BGB.

Segue: b) i requisiti di forma

Per quanto riguarda i requisiti di forma, il contratto di mediazione non ne richiede di particolari. Non occorre la forma scritta e il contratto può essere concluso anche oralmente.

Bisogna tuttavia rilevare che, in casi particolari di contratti di mediazione, il legislatore richiede la forma scritta. Nel caso di contratti di mediazione di finanziamenti fra imprenditori e consumatori, ad esempio, il § 655b comma 1 BGB richiede la forma scritta. Il § 655b comma 2 HGB prevede espressamente la sanzione della nullità in caso d’inosservanza della forma. La Corte di cassazione federale tedesca ha deciso che la nullità del contratto di mediazione di finanziamento fa venire meno la pretesa del mediatore al compenso[11]. Fra l’altro giova rilevare che, nel caso di contratti di mediazione di finanziamenti, il consumatore è obbligato al pagamento della provvigione solo quando abbia effettivamente ricevuto il finanziamento (§ 655c BGB).

La conclusione del contratto di mediazione avviene secondo le regole generali[12]. Si può arrivare a una conclusione espressa del contratto oppure anche per fatti concludenti.

Il fatto che non sia richiesta la forma scritta del contratto di mediazione e che il contratto possa essere concluso anche per fatti concludenti può determinare alcuni problemi nello stabilire se le parti abbiano effettivamente concluso un contratto di mediazione e quale sia il suo contenuto.

Al riguardo si deve ritenere che la semplice richiesta d’informazioni rivolta a un mediatore non possa essere ricostruita come volontà del richiedente di concludere un contratto di mediazione. È necessario invece un comportamento univoco del richiedente dal quale si può desumere che questi intende incaricare l’intermediario. La questione è stata oggetto di una sentenza della Corte di cassazione federale del settembre 2005[13]. Si trattava di una persona che si era rivolta a un mediatore al fine di acquistare un immobile. Una volta concluso il contratto finale di compravendita, nacque una controversia relativa al dovere del compratore di corrispondere la provvigione. Il potenziale acquirente si era rivolto al mediatore per avere informazioni sugli immobili che già trattava, ma non aveva concluso alcun contratto scritto di mediazione né aveva chiesto al mediatore di svolgere un’attività di ricerca di immobili con le caratteristiche desiderate. Il mediatore mostrò un immobile che già trattava, in quanto gli era stato conferito dai venditori l’incarico di venderlo, e si giunse alla conclusione di un contratto di compravendita. Il mediatore chiese poi la provvigione anche all’acquirente, richiesta alla quale il compratore oppose di non avere conferito alcun incarico al mediatore. La Corte di cassazione decide che al mediatore non spetta alcun compenso dal terzo acquirente, in quanto la corresponsione di una provvigione era stata pattuita solo con il venditore (e non con il compratore) dell’immobile. Non vi era stata l’espressa assunzione da parte del terzo dell’obbligo di pagare un compenso.

La possibilità della conclusione di un contratto di mediazione per fatti concludenti può sollevare problemi, in particolare, in relazione alla successiva richiesta del mediatore di percepire un compenso. Se il soggetto che contatta il mediatore dichiara espressamente, fin dall’inizio, che non intende pagare alcuna provvigione, non può venire ad esistenza un contratto di mediazione. Per evitare malintesi è certamente utile che si chiarisca fin dall’inizio, al di là di ogni ragionevole dubbio, che vi è l’intenzione – da una parte – di pretendere e – dall’altra – di corrispondere un compenso per l’attività di mediazione.

Segue: c) la durata del contratto e la sua cessazione

Il contratto di mediazione non ha normalmente una durata. Lo scopo di tale contratto è quello di giungere alla conclusione di un successivo contratto fra chi ha conferito l’incarico di mediazione e una terza persona. Finché tale obiettivo non è stato raggiunto, il contratto di mediazione rimane in forza.

Sussiste peraltro la possibilità di concordare fra le parti che il contratto di mediazione debba avere una durata minima. Per il lasso di tempo pattuito chi ha conferito l’incarico al mediatore non può disdettare il contratto né può incaricare altri mediatori, i quali si troverebbero a operare in concorrenza con il primo mediatore[14]. La funzione di un accordo del genere (che prevede una durata minima e un’esclusiva) è quella di ridurre il rischio imprenditoriale dell’intermediario. Può difatti capitare che, senza un accordo in esclusiva, il mediatore compia ampi sforzi per giungere alla conclusione di un contratto, ma – se l’affare sfuma – non ha diritto né alla provvigione né al rimborso delle spese. La durata di tale incarico in esclusiva deve essere ragionevolmente limitata nel tempo. Laddove l’incarico sia conferito in esclusiva per un periodo particolarmente lungo, sussiste comunque la possibilità di disdettare il contratto per giusta causa secondo i principi del diritto civile. Una giusta causa può consistere nel fatto che il mediatore non si adopera del tutto oppure non si adopera in modo adeguato per ottenere la conclusione del contratto per cui è stato incaricato. Nel caso d’incarico conferito in esclusiva, il mediatore – diversamente da quanto avviene normalmente – ha il dovere di attivarsi. I vantaggi che gli sono stati concessi da chi gli ha conferito l’incarico (durata minima ed esclusiva) impongono una controprestazione (consistente nell’obbligo di attivarsi).

Come ogni altro contratto, il contratto di mediazione può essere risolto consensualmente. Ciascuna parte può inoltre disdettare il contratto. La disdetta di chi ha conferito l’incarico non fa peraltro venire meno la pretesa del mediatore alla provvigione, quando l’attività dell’intermediario è stata determinante per la conclusione del contratto.

Di norma vi è la presenza di un solo mediatore. Può tuttavia capitare che vi sia una pluralità d’intermediari. Se non è stato conferito un incarico in esclusiva a un certo mediatore, l’interessato può rivolgersi anche a più persone. In questo modo aumentano le probabilità che si trovi un partner contrattuale e l’affare prospettato vada a buon fine.

Il mediatore può avvalersi, per lo svolgimento dell’incarico, di un sub-mediatore (Untermakler)[15]. Il mediatore è responsabile per l’operato del sub-mediatore secondo la regola civilistica generale del § 278 BGB. Il rapporto contrattuale di mediazione sussiste peraltro solo fra chi ha conferito l’incarico e il mediatore, non fra chi ha conferito l’incarico e il sub-mediatore.

I doveri del mediatore nei confronti delle parti

Quali sono i doveri che fanno capo a un mediatore nel diritto tedesco? Al riguardo è opportuno distinguere fra obbligazioni principali e obbligazioni secondarie.

È utile premettere che la violazione dei doveri che fanno capo al mediatore obbliga lo stesso a risarcire il danno che ne sia eventualmente derivato (§ 280 BGB). Il diritto a ottenere il ristoro del nocumento si prescrive in tre anni (§ 195 BGB).

Segue: a) l’assenza di un obbligazione principale

Nel contratto di mediazione manca una obbligazione «principale» del mediatore. L’intermediario non è obbligato né a svolgere una certa attività né a conseguire un determinato risultato. È il semplice fatto della intermediazione fra chi ha conferito l’incarico e il terzo contraente ad attribuire il diritto al pagamento del compenso. Il contratto di mediazione non è pertanto un «contratto a prestazioni corrispettive» (gegenseitiger Vertrag), fattispecie disciplinata dai §§ 320 ss. BGB. Il contratto di mediazione è invece un «contratto che obbliga unilateralmente» (einseitiger verpflichtender Vertrag). L’unico soggetto che assume un obbligo (quello di corrispondere la provvigione) è colui che conferisce l’incarico al mediatore.

Un obbligo di attivarsi in capo al mediatore può tuttavia essere ricostruito in casi particolari, e segnatamente quando il mediatore è l’unico soggetto incaricato d’intermediare un determinato affare e chi conferisce l’incarico si obbliga a non incaricare alcun altro mediatore. Come controprestazione per l’assegnazione dell’incarico a un solo mediatore, si ritiene che questi sia obbligato ad attivarsi. Anche in questi casi l’intermediario non è obbligato a realizzare l’evento (= conclusione del contratto finale), però deve attivarsi diligentemente al fine di trovare un partner contrattuale a chi lo ha incaricato.

Segue: b) la presenza di obbligazioni secondarie

Il fatto che non sia ricostruibile un’obbligazione principale in capo al mediatore, non significa che il comportamento di tale soggetto sia libero da qualsiasi vincolo. Giurisprudenza e dottrina evidenziano la sussistenza di alcuni doveri per così «secondari» che fanno capo all’intermediario.

Il mediatore assume il dovere di fare gli interessi di chi gli ha conferito l’incarico ed è vincolato a un obbligo di fedeltà nei suoi confronti. Queste obbligazioni conseguono al fatto che fra chi conferisce l’incarico e l’intermediario viene ad esistenza un rapporto obbligatorio (Schuldverhältnis). Secondo un principio del diritto civile tedesco il rapporto obbligatorio può obbligare ciascuna parte a tenere in considerazione i diritti, i beni e gli interessi dell’altra parte (§ 241 comma 1 BGB). Sulla base di questa regola generale è possibile identificare una serie di comportamenti specifici cui è tenuto il mediatore.

Il mediatore, ad esempio, è obbligato a tenere adeguatamente informato il soggetto che gli ha conferito l’incarico di tutte le circostanze rilevanti (in positivo oppure in negativo) rispetto alla conclusione del contratto finale[16]. Si pensi ad esempio a informazioni relative alla solvibilità del terzo contraente. Una circostanza del genere è di decisiva importanza per chi ha conferito l’incarico di vendere certi beni, il quale egli vuole avere a che fare solo con partner contrattuali affidabili dal punto di vista finanziario, affinché il pagamento del prezzo sia il più sicuro possibile. Il mediatore che conosce la situazione finanziaria del terzo contraente è obbligato a comunicare tali informazioni a chi gli ha conferito l’incarico. Se l’intermediario, in un primo momento, ha fornito dati e notizie errati, è obbligato a rettificare tali informazioni, di modo che chi ha conferito l’incarico abbia sempre un’idea precisa della situazione reale.

Il mediatore deve dichiarare eventuali situazioni di conflitto d’interessi in cui si trovi[17]. Un conflitto d’interessi sussiste quando egli agisce anche per conto del terzo oppure quando intende comprare in proprio il bene intermediato. Una situazione di conflitto d’interessi che mette a repentaglio l’indipendenza del mediatore può verificarsi anche quando il mediatore è legato economicamente a una delle parti. Di norma non è necessario che il mediatore comunichi in dettaglio tutti i particolari del conflitto d’interessi, a condizione che chi ha conferito l’incarico comprenda l’esistenza e i termini essenziali della situazione di potenziale pericolo. Se il conflitto d’interessi non può essere rimosso, l’intermediario deve interrompere la propria attività, salvo che chi ha conferito l’incarico sia d’accordo che il mediatore continui a operare in suo favore.

Il mediatore è obbligato, nei confronti di chi lo ha incaricato, a omettere tutto quanto possa mettere in pericolo la conclusione del contratto. L’intermediario, d’altro canto, non può nemmeno spingere chi lo ha incaricato alla conclusione affrettata di un contratto svantaggioso. Il mediatore potrebbe avere un interesse in questo senso in quanto, così facendo, si assicura la provvigione. Un comportamento del genere sarebbe però contrario agli interessi della parte che gli ha conferito l’incarico.

Il mediatore è obbligato a mantenere il segreto sulle circostanze di cui venga messo a conoscenza da parte del soggetto che lo ha incaricato[18].

Il mediatore, salvo che vi sia un incarico conferito da entrambe le parti, non può accettare compensi dal terzo contraente[19]. La ragione è che, così facendo, la sua fedeltà a chi lo ha incaricato viene messa in pericolo.

Segue: c) l’incarico di mediazione conferito da entrambi i contraenti

Un caso particolare si verifica quando l’incarico di mediazione è conferito da entrambi i potenziali contraenti. Un’attività per conto di entrambi è possibile solo quando il primo contratto fra chi conferisce l’incarico e il mediatore lo consente[20]. Se il primo contratto non consente una doppia attività, l’intermediario che si trova a gestire gli interessi anche del terzo si rende civilmente responsabile, in quanto viola il dovere di fedeltà che ha nei confronti di chi lo ha incaricato. Ai sensi della disposizione generale del § 280 comma 1 BGB, se il debitore viola un dovere risultante dal rapporto obbligatorio (nel caso specifico quello di non operare anche nell’interesse della controparte), il creditore può pretendere il risarcimento del danno che ne consegue.

Nella ipotesi di doppio incarico il mediatore acquisisce diritti (alla provvigione) e assume doveri nei confronti di entrambe le parti, in quanto entrambe gli hanno conferito l’incarico. In questo caso la funzione dell’intermediario non è tanto quella di trovare un partner contrattuale (in quanto i contraenti sono già definiti), bensì quella di promuovere la conclusione di un accordo fra le parti.

Nella prassi non è sempre facile comprendere se un mediatore sia stato incaricato da una sola oppure da entrambe le parti. Ciò è dovuto, anzitutto, al fatto che i contratti di mediazione non richiedono la forma scritta. La questione della esistenza o meno di un incarico al mediatore da parte di entrambi i contraenti è stata oggetto di una sentenza della Corte di cassazione federale dell’aprile 2002[21]. Nel caso di specie l’intermediario era stato incaricato dal venditore; tuttavia, una volta concluso il contratto di compravendita, pretese la provvigione dal compratore. La Corte di cassazione nega che il compratore abbia stipulato un contratto di mediazione. La Corte stabilisce che il mediatore incaricato da uno dei contraenti finali può pretendere la provvigione anche dall’altro contraente solo quando ha chiarito in modo univoco al secondo contraente, in particolare mediante la richiesta espressa di una provvigione, l’intenzione di diventare intermediario anche per suo conto.

In caso di doppio incarico il mediatore deve comportarsi con imparzialità; egli si colloca in una posizione di equidistanza fra le parti. Nell’ipotesi di doppio incarico, i doveri che fanno capo all’intermediario subiscono una modifica rispetto alla norma. Ad esempio, mentre – di regola – il mediatore è tenuto nei confronti di chi gli conferisce l’incarico a non divulgare informazioni di cui sia stato messo a conoscenza, questo obbligo subisce una variazione nel caso di doppio incarico: l’intermediario è obbligato a rendere note a entrambe le parti ogni circostanza rilevante[22].

I doveri di chi conferisce l’incarico nei confronti del mediatore

Il dovere principale che deriva dal contratto di mediazione in capo a chi ha conferito l’incarico è il pagamento della provvigione.

Per il resto chi conferisce l’incarico conserva ampi spazi di autonomia. Egli non ha, anzitutto, un dovere di concludere il contratto proposto dal mediatore[23]. Un obbligo del genere non sussiste nemmeno quando l’affare coincide esattamente con le caratteristiche che erano state evidenziate dal soggetto che ha conferito l’incarico e neppure quando le condizioni offerte dal terzo sono più vantaggiose rispetto a quelle che erano state indicate per la conclusione del contratto. Chi ha conferito l’incarico non ha l’obbligo di motivare la propria decisione di non procedere alla conclusione del contratto finale. Una soluzione diversa (nel senso dell’affermazione di un obbligo di conclusione) è possibile in presenza di un’apposita pattuizione: chi conferisce l’incarico e il mediatore possono cioè pattuire che, al sussistere di certe condizioni, il contratto con il terzo debba essere concluso.

La libertà di chi ha conferito l’incarico trova espressione anche nella possibilità d’incaricare un secondo mediatore. In questo caso chi incarica può essere tenuto a pagare due provvigioni, nell’ipotesi in cui il contratto finale si concluda ed entrambi gli intermediari vi abbiano dato un contributo causale. La possibilità di affiancare al primo mediatore un secondo è esclusa quando vi è stata una pattuizione apposita per cui al primo intermediario è stato affidato un incarico in esclusiva.

L’ampia libertà di cui gode chi ha conferito l’incarico comporta la possibilità di sostituire il primo mediatore con un secondo. Se, ad esempio, le trattative con un certo potenziale contraente vanno male, è possibile interrompere i rapporti con l’intermediario e rivolgersi a un altro. Una soluzione diversa vale quando l’incarico conferito al mediatore prevede la concessione di un certo lasso di tempo entro il quale questi può operare in esclusiva. In un’ipotesi del genere il fallimento di una trattativa non esenta chi ha conferito l’incarico dall’obbligo di avvalersi dello stesso intermediario per il periodo di tempo che è stato pattuito. Qualora venga incaricato un nuovo mediatore è importante accertarsi che l’incarico al precedente venga revocato. Altrimenti vi è la possibilità che entrambi gli intermediari, quando hanno concorso causalmente alla realizzazione dell’evento (conclusione del contratto finale), pretendano una provvigione.

Chi ha conferito l’incarico può anche decidere di revocarlo. In questo caso non è tenuto a corrispondere la provvigione al mediatore, a meno che il contratto finale venga comunque (vale a dire nonostante la revoca dell’incarico) concluso e il contributo dell’intermediario sia stato causale rispetto alla conclusione.

Il soggetto che ha conferito l’incarico deve comunicare senza ritardo al mediatore che ha cambiato idea e che non intende più procedere alla conclusione del contratto originariamente prospettato, al fine di evitare sforzi inutili in capo all’intermediario[24]. Allo stesso modo è tenuto a comunicare al mediatore di avere già concluso per conto proprio l’affare e di non avere dunque più bisogno del suo ausilio.

Colui che conferisce l’incarico al mediatore di commercio non è tenuto a rimborsare le spese[25]. Si ritiene difatti applicabile al mediatore commerciale la disposizione del § 652 comma 2 HGB, dettata per il mediatore civile, secondo la quale i costi vanno rimborsati solo quando vi è stato un accordo in tal senso fra le parti.

Il diritto del mediatore alla provvigione

Il principale diritto che il mediatore può vantare è quello al pagamento del compenso[26]. La pretesa alla provvigione del mediatore civile è disciplinata dai §§ 652-655 BGB. Con riferimento al diritto al compenso del mediatore commerciale va tenuto in considerazione anche il § 99 HGB.

Segue: a) i presupposti del diritto al compenso

Il § 652 BGB determina i presupposti per il sorgere del diritto alla provvigione.

La condizione fondamentale affinché sorga il diritto alla provvigione è la conclusione del contratto finale in conseguenza dell’attività svolta dal mediatore. Nel caso di mediatore civile, questa attività può consistere sia nel semplice «indicare» (nachweisen) un possibile partner contrattuale a chi ha conferito l’incarico sia nel «intermediare» (vermitteln) la conclusione dell’affare. Per quanto riguarda il mediatore commerciale tuttavia, se l’attività si è limitata a indicare a una delle parti la possibilità di concludere un contratto, non sorge il diritto alla provvigione ai sensi dei §§ 93 ss. HGB. Come si è difatti visto, l’attività del mediatore di commercio (diversamente dal mediatore civile) deve consistere in una «intermediazione» dell’affare, e non può consistere in una sua mera «indicazione».

Affinché sorga il diritto del mediatore alla provvigione, il contratto finale deve essere stato concluso. Secondo le regole generali, il contratto si considera concluso con l’incontro di proposta e accettazione: è in questo momento che sorge il diritto al compenso. Le parti sono però libere di accordarsi diversamente, sia nel senso di anticipare sia nel senso di posticipare il pagamento della provvigione[27]. È dunque possibile stabilire che il diritto al compenso sorga in un momento anteriore, in particolare contestualmente alla conclusione di un eventuale contratto preliminare[28] oppure quando una delle parti del contratto finale paga all’altra un anticipo. È anche possibile pattuire che la provvigione sia dovuta in un momento successivo alla conclusione del contratto intermediato, ad esempio una volta che il contratto ha avuto esecuzione.

Può succedere che il contratto finale sia invalido e si pone in questi casi la domanda se al mediatore spetti egualmente il compenso. Si deve ritenere che un contratto invalido non attribuisca diritto alla provvigione. Ad esempio il diritto al compenso non sorge nei casi in cui il contratto è nullo per difetto di forma oppure è contrario a disposizione imperativa o ai buoni costumi. La Corte di cassazione federale tedesca si è occupata più volte della pretesa del mediatore al compenso in presenza di contratti invalidi. In una sentenza del luglio 2005, ad esempio, ha deciso che, se il contratto è nullo, l’intermediario non ha diritto alla provvigione nemmeno quando il contratto è stato concluso per effetto della sua attività d’intermediazione[29]. In una precedente sentenza (dicembre 2000), la Corte di cassazione federale ha deciso che il diritto del mediatore al compenso viene meno quando il contratto è annullato per la presenza di un vizio del bene che era stato dolosamente taciuto dal venditore[30]. Nel caso di specie si trattava della compravendita di una casa che presentava tali problemi di statica, taciuti dolosamente dal venditore, da determinare un concreto rischio di crollo. La Corte di cassazione, a seguito dell’annullamento del contratto principale, condanna il mediatore alla restituzione della provvigione che aveva percepito.

Può inoltre capitare che il contratto sia assoggettato a una condizione sospensiva (aufschiebende Bedingung). In questo caso il compenso è dovuto solo quando si verifica la condizione (così dispone espressamente il § 652 comma 1 alinea 2 BGB). Al contrario: una condizione risolutiva (auflösende Bedingung) non fa venire meno il diritto del mediatore alla provvigione. Il contratto è stato difatti validamente concluso e solo per vicende successive cessa di produrre effetti.

In linea di principio si può affermare che, al fine del sorgere della pretesa del mediatore alla provvigione, è sufficiente che il contratto sia valido, mentre non hanno rilievo i profili attinenti alla sua esecuzione[31]. Le vicende successive alla conclusione del contratto, in particolare un mancato oppure un inesatto adempimento delle obbligazioni che ne derivano, sono tendenzialmente irrilevanti rispetto al diritto al compenso. Il mediatore, in altre parole, regge solo il rischio dell’invalidità originaria del contratto, mentre non è tenuto a sopportare il rischio che il programma contrattuale non venga correttamente eseguito. Ne consegue che il diritto al compenso sussiste anche quando una delle parti, successivamente alla conclusione, recede dal contratto oppure quando il contratto viene risolto consensualmente. Tuttavia, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, i contraenti potrebbero pattuire che il successivo venire meno del contratto faccia venire meno anche il diritto alla provvigione. La giurisprudenza ha avuto occasione di occuparsi di un caso in cui è sorta la questione se il diritto di recesso esercitato da una delle parti con riferimento al contratto finale facesse venire meno il diritto del mediatore al compenso[32]. Si trattava di un contratto di assicurazione sulla vita che era stato concluso grazie all’intervento di un intermediario. A un certo punto tale contratto venne disdettato e si pose la questione della spettanza della provvigione. Secondo la Corte di cassazione federale tedesca, il recesso dal contratto principale non fa venire meno l’obbligo dell’assicurato di corrispondere la provvigione al mediatore.

Affinché sorga il diritto alla provvigione, bisogna che fra il contratto prospettato (per cui è stato conferito l’incarico al mediatore) e quello effettivamente concluso vi sia sostanziale coincidenza, sia dal punto di vista economico sia da quello personale[33].

Sotto il profilo economico si pensi a un contratto concluso a condizioni decisamente peggiori rispetto a quelle concordate fra il soggetto che conferisce l’incarico e il mediatore: il diritto a compenso potrebbe essere negato. Inoltre il diritto alla provvigione viene meno quando il tipo di contratto concluso è diverso da quello per cui era stato conferito l’incarico. Si immagini che, al posto della compravendita, venga concluso un contratto di affitto o di locazione. Anche la quantità di bene può produrre effetti sul diritto al compenso, ad esempio quando la quantità di beni acquistati è decisamente diversa dalla quantità per cui era stato conferito l’incarico.

Dal punto di vista personale il diritto a provvigione viene meno se il contratto finale viene concluso da un soggetto diverso da chi ha conferito l’incarico al mediatore. Un’altra soluzione vale tuttavia quando il contraente è strettamente legato, dal punto di vista personale (ad esempio un familiare) oppure economico, al contraente. Un legame economico può, per esempio, essere affermato quando chi ha conferito l’incarico non acquista in proprio ma si avvale, a tal fine, di una società che egli stesso detiene in misura totalitaria.

La conclusione del contratto deve avvenire fra il soggetto che ha conferito l’incarico e un terzo. Nel caso in cui sia lo stesso mediatore a concludere il contratto, il diritto alla provvigione non spetta[34]. In questa ipotesi manca difatti un’attività d’intermediazione. Allo stesso modo non spetta il diritto alla provvigione quando il contratto è concluso fra chi ha conferito l’incarico e una persona alla quale il mediatore è strettamente legato dal punto di vista economico o personale. Anche in questo caso non vi è infatti una sufficiente attività d’intermediazione che giustifichi il diritto alla provvigione. Per stabilire se ricorre uno stretto legame, va effettuata una valutazione caso per caso. Nell’ipotesi, ad esempio, in cui il mediatore intermedi il contratto con una società di cui è socio, va dato rilievo all’importanza della partecipazione al capitale. Nel caso di una partecipazione di maggioranza (o comunque elevata) potrà affermarsi uno stretto legame e potrà essere negato il diritto alla provvigione, mentre nel caso di una partecipazione minoritaria (soprattutto se particolarmente bassa) tale diritto potrebbe invece essere riconosciuto.

Fra l’attività del mediatore e la conclusione del contratto finale deve sussistere un nesso causale. La sussistenza (o meno) di tale relazione di causalità va valutata sulla base di tutte le circostanze del caso. Non è necessario che l’intermediazione sia stata l’unica causa della conclusione del contratto e non serve nemmeno che sia stata la causa principale. Essa, tuttavia, deve essere stata una delle cause.

Segue: b) il debitore del compenso e l’ammontare dello stesso

Debitore del pagamento del compenso è chi ha conferito l’incarico al mediatore. A seconda dei casi potrà trattarsi di chi intende vendere oppure di chi intende comprare certi beni.

Nella prassi non sempre risulta chiaro alle parti del contratto finale, fin dall’inizio, chi debba corrispondere il compenso al mediatore. Secondo un orientamento consolidato della Corte di cassazione federale tedesca, il soggetto che è stato incaricato d’intermediare un determinato contratto, se – in caso di successo – intende pretendere una provvigione anche dal terzo contraente, deve esprimere in modo univoco tale intenzione[35]. Il mediatore deve dunque chiarire che vuole operare anche per l’altra parte contrattuale. Il mezzo per conseguire tale fine consiste nel chiedere subito espressamente una provvigione al terzo contraente.

Chi è interessato alla conclusione di un certo contratto può anche avvalersi di una pluralità di mediatori, al fine di rendere più facile la realizzazione dell’affare. Se una persona incarica più intermediari, in linea di principio deve corrispondere il compenso a ciascuno di essi[36]. Bisogna tuttavia che, in capo a ciascuno dei mediatori, risultino soddisfatte le condizioni che fanno sorgere il diritto alla provvigione. Occorre, in particolare, un contributo causale di ciascuno alla conclusione dell’affare.

Nel caso in cui l’incarico a un singolo mediatore venga conferito da entrambi i futuri contraenti, i quali giungono poi – effettivamente – alla conclusione del contratto grazie all’intermediazione, entrambi sono obbligati a corrispondere il compenso nella misura del 50% ciascuno (cfr. il § 99 HGB in materia di mediazione commerciale). È possibile una diversa pattuizione, ai sensi della quale ciascuna delle parti si obbliga a corrispondere l’intera provvigione al mediatore[37].

È possibile che siano le parti del contratto finale a concordare chi debba corrispondere il compenso al mediatore. Un accordo del genere è, in linea di principio, valido. La Corte di cassazione federale tedesca si è occupata, nel settembre del 2005, di un caso in cui nel contratto finale era stato pattuito fra venditore e compratore che il venditore veniva dispensato dal pagare la provvigione, che sarebbe invece stata corrisposta dal compratore[38]. La Corte di cassazione federale ritiene che tale accordo non faccia sorgere un rapporto contrattuale fra il terzo e il mediatore. L’intermediario può però, in base a tale clausola, agire in giudizio nei confronti del terzo. In altre parole il contratto finale, che contiene una pattuizione per cui il terzo contraente assume l’obbligo di pagare il mediatore, va ricostruito come contratto a favore di terzi (Vertrag zugunsten Dritter; § 328 BGB)[39].

Con riferimento al mediatore civile, la legge prevede che un compenso di mediazione si considera come pattuito tacitamente quando la prestazione di cui viene incaricato il mediatore è una prestazione che, in considerazione delle circostanze, ci si può attendere che venga resa solo verso corrispettivo (§ 653 comma 1 BGB). In assenza di pattuizioni espresse non è dunque detto che il mediatore civile abbia necessariamente diritto a un compenso. Per quanto riguarda l’importo della provvigione, si tratterà della somma concordata fra le parti (§ 653 comma 2 BGB). Altrimenti si applicano le tariffe eventualmente previste. In assenza di tariffe si considera come pattuito il compenso usuale.

La legge prevede che la pretesa al compenso di mediazione e al rimborso delle spese è esclusa quando il mediatore, in difformità dal contratto, ha operato anche per l’altra parte (§ 654 BGB). Da questa disposizione si deduce che il mediatore civile è vincolato da un obbligo di fedeltà nei confronti del soggetto che gli ha conferito l’incarico. Se agisce anche per conto dell’altra parte, perde i diritti che altrimenti gli spetterebbero. Secondo l’interpretazione preferibile questa disposizione opera in caso di gravi violazioni di doveri contrattuali fondamentali[40]. Nella diversa fattispecie di una violazione non grave di doveri contrattuali non fondamentali, non si ha la perdita del diritto al compenso, bensì il mero obbligo di risarcire il danno secondo le disposizioni generali (§ 280 BGB). Di fatto, tale dovere di ristoro concorre a ridurre l’ammontare della provvigione spettante al mediatore[41].

[1] Fra i contributi che si occupano di contratto di agenzia nel diritto tedesco cfr. P. Kindler, La direttiva comunitaria sugli agenti commerciali: un primo bilancio nel confronto tra Italia e Germania, in Riv. dir. civ., 2002, I, 235 ss. (trad. di S. Troiano); V. Sangiovanni, Esclusione dell’indennità di fine rapporto dell’agente nel diritto comunitario, italiano e tedesco, in I Contratti, 2007, 1029 ss.; Id., I diritti delle parti alla cessazione del contratto di agenzia nel diritto tedesco, in I Contratti, 2007, 153 ss.; Id., Contratto di agenzia e presupposti dell’indennità di fine rapporto nel diritto tedesco, in I Contratti, 2006, 405 ss.; Id., Contratto di agenzia e nozione di «agente commerciale». Una comparazione con il diritto tedesco, in Giur. it., 2005, 1987 ss.; Id., Il concetto di «agente commerciale» nel diritto tedesco, in Riv. dir. priv., 2005, 327 ss.; Id., Il patto di non concorrenza postcontrattuale tra preponente e agente nel diritto tedesco, in Contr. impr./Eur., 2004, 121 ss.

[2] Sia consentito il rinvio a V. Sangiovanni, Contratto di distribuzione e indennità di fine rapporto nel diritto tedesco, in I Contratti, 2006, 179 ss.

[3] Nel presente scritto si utilizzano le seguenti abbreviazioni della lingua giuridica tedesca: BB: Betriebs-Berater [rivista]; BGB: Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile); HGB: Handelsgesetzbuch (codice di commercio); HVR: Handelsvertreterrecht. Entscheidungen und Gutachten [raccolta di decisioni e pareri in materia di diritto dell’agenzia]; MDR: Monatsschrift für deutsches Recht [rivista]; NJW: Neue Juristische Wochenschrift [rivista]; Rn.: Randnummer (numero a margine di pagina); ZIP: Zeitschrift für Wirtschaftsrecht [rivista]; ZVglRWiss: Zeitschrift für Vergleichende Rechtswissenschaft [rivista].

[4] La disciplina del mediatore di commercio è contenuta nella 8a sezione (§§ 93-104 HGB) del 1° libro del codice di commercio. Per un’introduzione al codice di commercio tedesco cfr. K. Schmidt, Il codice commerciale tedesco: dal declino alla ri-codificazione (riflessioni sulla riforma del HGB), in Riv. dir. civ., 1999, I, 711 ss.

[5] L’elemento della stabilità caratterizza il contratto di agenzia anche nel diritto italiano. Al riguardo cfr. Cass. 8 febbraio 1999, n. 1078, in I Contratti, 1999, 1016 ss., con nota di A. Maniàci, secondo la quale, mentre l’agente è la parte che assume stabilmente l’incarico di promuovere per conto dell’altra la conclusione di contratti in una zona determinata (art. 1742 c.c.), il procacciatore d’affari è colui che raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole alla ditta da cui ha ricevuto l’incarico, senza vincolo di stabilità (a differenza dell’agente) e in via del tutto occasionale.

[6] La figura dell’agente si caratterizza per la sua indipendenza (Selbständigkeit) rispetto al preponente. Su questo elemento sia consentito rinviare a V. Sangiovanni, Handelsvertretervertrag und Handelsvertreterbegriff – Ein Vergleich zwischen italienischem und deutschem Recht, in AA.VV., Uniform Terminology for European Contract Law, a cura di G. Ajani, M. Ebers, Baden-Baden, 2005, 145 s.; Id., Handelsvertretervertrag und Handelsvertreterbegriff, in ZVglRWiss, 104 (2005), 525 ss.

[7] La distinzione fra contratto di agenzia e contratto di mediazione è stata oggetto di un caso deciso dalla Corte di appello di Hamm, sentenza dell’11 febbraio 2000, in HVR, 3° vol., 2235 ss. La controversia riguardava la possibilità per l’interessato di ottenere un estratto della documentazione contabile dalla controparte contrattuale. Ai sensi del § 87c comma 2 HGB l’agente ha diritto di ottenere comunicazione di tutte le circostanze significative per il calcolo delle provvigioni che gli spettano. A fronte della richiesta di ottenere documentazione contabile avanzata dall’interessato, la Corte di appello si chiede come debba essere qualificato il rapporto contrattuale. Nel caso di specie l’autorità giudiziaria, qualificando il rapporto come mediazione e non come agenzia, nega al mediatore il diritto di ottenere estratti della documentazione contabile.

[8] In merito alla differenza fra mediazione e mandato nel diritto italiano cfr. E. Battelli, Sulla differenza tra mandato e mediazione, in I Contratti, 2005, 770 ss.

[9] Sul contratto con cui vengono cedute le quote di s.r.l. nel diritto tedesco sia lecito rinviare a V. Sangiovanni, La cessione di quota di s.r.l. e il ruolo del notaio nel diritto tedesco, in Notariato, 2006, 82 ss.

[10] Corte di appello di Celle, ordinanza (Beschluss) del 7 dicembre 2004, in MDR, 2005, 537 s.

[11] Corte di cassazione federale, sentenza del 7 luglio 2005, in ZIP, 2005, 1516 ss.

[12] Sul diritto tedesco delle obbligazioni cfr. per tutti, in lingua italiana, R. Schulze, Il nuovo diritto tedesco delle obbligazioni e il diritto europeo dei contratti, in Riv. dir. civ., 2004, I, 57 ss.

[13] Corte di cassazione federale, sentenza del 22 settembre 2005, in NJW, 2005, 3779 ss.

[14] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 59, in AA.VV., Handelsgesetzbuch, a cura di K.J. Hopt, H. Merkt, 32a ed., München 2006; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 17, in AA.VV., Handelsgesetzbuch, a cura di I. Koller, W.H. Roth, W. Morck, 6a ed., München 2007.

[15] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 19, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 14, cit.

[16] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 27, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 19, cit. Giova segnalare che, anche nel diritto italiano, «il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso» (art. 1759 comma 1 c.c.). Al riguardo Cass. 15 maggio 2001, n. 6714, in Foro pad., 2002, I, 320 ss., con nota di A. Maniàci, ha deciso che il limite dell’obbligo di informazione che l’art. 1759 c.c. pone a carico del mediatore non esclude la possibilità di configurare in capo al medesimo una responsabilità per avere dato a uno dei contraenti informazioni obiettivamente non vere, specie se esse vertano su circostanze di indubbio rilievo. Sul dovere d’informazione dell’agente cfr. G. De Nova, Obbligo di informazione dell’agente e divieto dello star del credere, in I Contratti, 2000, 545 s.

[17] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 30, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 19, cit.

[18] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 25, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 29, cit.

[19] Cfr. K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 26, cit.

[20] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 32, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 23, cit.

[21] Corte di cassazione federale, sentenza dell’11 aprile 2002, in NJW, 1945 s.

[22] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 33, cit.

[23] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 37, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 30, cit.

[24] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 39, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 28, cit.

[25] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 39, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 31, cit.

[26] Sul diritto al compenso del mediatore cfr. il contributo di M. Heβe, Der handelsrechtliche Provisionsanspruch des Zivilmaklers, in NJW, 2002, 1835 ss. Nel diritto italiano v., da ultimo, A. Maccarrone, L’attività del mediatore e il diritto alla provvigione, in I Contratti, 2007, 1086 ss.

[27] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 56, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 41, cit.

[28] Nel diritto italiano si prevede che «il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento» (art. 1755 comma 1 c.c.). Cass. 11 maggio 2001, n. 6599, in Foro pad., 2002, I, 324 ss., con nota di A. Maniàci, ha stabilito che, posto che per «conclusione dell’affare», da cui sorge il diritto del mediatore alla provvigione, deve intendersi il compimento di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno, anche la stipulazione di un contratto preliminare di compravendita è sufficiente a far sorgere tale diritto, senza che si debba attendere la conclusione di quello definitivo

[29] Corte di cassazione federale, sentenza del 7 luglio 2005, in ZIP, 2005, 1516 ss.

[30] Corte di cassazione federale, sentenza del 14 dicembre 2000, in NJW, 2001, 966 s. Questa sentenza è pubblicata anche in BB, 2001 171 s.

[31] Cfr. K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 43, cit.; C. Keim, Maklerprovision bei arglistbedingter Wandelung des Hauptvertrages, in NJW, 2001, 3168 s.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 36, cit.

[32] Corte di cassazione federale, sentenza del 20 gennaio 2005, in NJW, 2005, 1357 ss.

[33] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 41, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 37, cit.

[34] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 46, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 38, cit.

[35] In questo senso, per tutte, Corte di cassazione, sentenza del 6 dicembre 2001, in NJW, 2002, 817 s.

[36] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 54, cit.; W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 40, cit.

[37] W.-H. Roth, sub § 93 Rn. 40, cit.

[38] Corte di cassazione federale, sentenza del 22 settembre 2005, in NJW, 2005, 3778 s.

[39] Sul contratto a favore di terzi nel diritto tedesco cfr., in lingua italiana, H. Stoll, Il contratto e i terzi, in Annuario di diritto tedesco 1999, a cura di S. Patti, Milano, 2000, 17 ss. (trad. di S. Buchberger). Sul contratto a favore di terzi nel diritto italiano v., per tutti, A. Maniàci, Il contratto a favore di terzi può produrre effetti sfavorevoli per il terzo?, in I Contratti, 2006, 1151 ss.

[40] K.J. Hopt, sub § 93 Rn. 52, cit.

[41] Il diritto al compenso si prescrive in tre anni, secondo la disposizione generale del codice civile (§ 195 BGB).